Ah, se Diego fosse davvero il nostro ambasciatore
di Francesco Bruno
In capo a un weekend andato così così, la mia serata domenicale si stava consumando in un distaccato zapping tra i palinsesti sportivi. All’improvviso, è apparso Lui, Diego. Sapevo che dopo l’intervista alla Gazzetta e il blitz di venerdì sera in tribuna all’Olimpico, il suo tour in Italia non era ancora terminato. Non mi aspettavo di trovarmelo in televisione impegnato in una delle sue bellissime chiacchierate a tutto campo. È stata una piacevole sorpresa, un po’ come quando squilla il telefono e dall’altra parte ascolti la voce di un amico che non senti da un po’. Sai che c’è sempre, e i ricordi, patrimonio di una vita, riaffiorano subito.
Mi ha colpito il suo volersi connettere, con ogni pretesto, al suo passato napoletano – nonostante il conduttore orientasse solo episodicamente l’intervista verso l’esperienza partenopea – ricordando ad esempio l’emozione incredibile di giocare al San Paolo o il gesto di Bruscolotti nel cedergli la fascia di capitano. E sono riemersi improvvisamente i ricordi dei sette anni trascorsi insieme, lui nel rettangolo verde e io in Curva B. Ho ripensato al 3 novembre del 1985, al suo graffio maligno che spezzò l’incantesimo Juventus, a me e mio cugino Errico che esultavamo in lacrime per la gioia. Mi è venuta in mente la straordinaria tripletta in Napoli-Lazio del suo primo anno napoletano, la rete su calcio d’angolo, ma soprattutto il pallonetto memorabile che indirizzò verso la porta di un incredulo Orsi. Ho rivisto nella mia memoria il gol impossibile realizzato nel campionato successivo contro il Verona, quel pallonetto impensabile calciato da cinquanta metri, colpendo con l’esterno sinistro il pallone mentre gli rimbalzava davanti e la porta era lontanissima. Che bello, torna piu’ spesso a trovarci, caro vecchio Diego. E speriamo che anche il nostro presidente su questo punto sappia cogliere l’opportunità di ritagliarti uno spazio nelle dinamiche societarie. Sai che soddisfazione vederti in giro per il mondo come ambasciatore ufficiale del Napoli e di Napoli. Servirà a ricordare, a noi e all’Italia intera, che anche se non abbiamo una bacheca piena zeppa di trofei, anche se ci chiamano terremotati e colerosi, il più grande di tutti i tempi lo abbiamo avuto solo noi.