I dolori del giovane Hamsik non finiscono più: le retró-pagelle
di Errico Novi
REINA – Due partite che non gioca. Al massimo osserva siluri imprendibili infilarsi nel sette. In questi casi lo stipendio di un calciatore non subisce oscillazioni, è sempre lo stesso. Ma è meglio se De Laurentiis non legge queste righe altrimenti propone di introdurre per tutta la serie A il pagamento a prestazione. GIOVANNI GALLI
HENRIQUE – Invece di fare l’Henrique si è messo a fare il Maggio, quello delle ultime partite sovrastato dagli affanni difensivi e sempre col fiato corto. Verrebbe da paragonarlo a Gambaro ma Domenico Zaccaria ci ha ricordato che proprio Enzino segnò a Parma uno dei suoi rarissimi gol azzurri, forse l’unico. No, non funziona. Allora può andar bene BACCIN
FERNANDEZ – Nel primo tempo chiude su un cross di Palladino dopo una corsa incredibile partita quasi dalla trequarti avversaria. Schiena all’indietro e falcata che ricorda un mezzofondista all’ultimo giro, tipo Alberto Cova. Grosse colpe non gliene trovo. PAOLO CANNAVARO (è un ex, no?)
ALBIOL – Se c’è uno per il quale siamo in pena, al pensiero di quelle vacanze strizzate tra Mondiali e preliminari di Champions, è il buon Raul. Non è lui, è logorato da un inverno passato senza rifiatare mai per mancanza di alternative. Ha adottato sicuramente una tecnica yoga per trattenere la rabbia. Ma il pericolo che resti in Amazzonia, a fine Coppa del mondo, c’è sempre. ARONICA
GHOULAM – Poche distrazioni, ma scelte con cura. DOSSENA
INLER (E JORGINHO) – Le cose erano cominciate bene: divisione dei compiti, armonia, il sottile piacere di sentirsi sussurrare dietro “ma che bella coppia”. C’era quasi da preoccuparsi. Poi l’italo-brasiliano ha fatto come certi fidanzati: restano impeccabili finché la relazione non si istituzionalizza, poi sbracano. Jorginho ha definitivamente smesso i panni del regista perfettino, che si fa dare sempre palla, chiama la giocata dei compagni, corre per rimediare agli strafalcioni altrui. Si è seduto. E il povero Gokhan, costretto a fare tutto lui e a sbagliare, come nella chiusura su Parolo, ha ricominciato a sentirsi con Behrami. MAGONI (E MONTEZINE)
CALLEJON – Le sue partite ormai sono così: un lento ma inesorabile ammosciarsi che viene dopo lampi di iniziale euforia. Ha attenuanti tali e quali quelle di Albiol, con l’unica differenza che forse non farà i Mondiali. Il che non riduce il rischio di vedere entrambi gli ex madridisti seguire le orme di Jasmine Trinca in Un giorno devi andare: in Amazzonia appunto. ROBBIATI
HAMSIK – I dolori del giovane Marek non finiscono più. SESA
INSIGNE – Lui si trattiene, fa il ragazzo a posto, ma se certi compagni continuano così vedremo fare a Lorenzo la scena del carrettiere, con annessi e connessi. Poi voglio proprio vedere se sentiremo ancora quelle frasine sdolcinate tipo “quant’è simpatico, Lorenzo, mi sta insegnando il napoletano…”. QUAGLIARELLA
HIGUAIN – Tutta scena, l’incazzatura per il cambio con Zapata è una recita a soggetto, allestita per fingersi inconsapevole. Invece nessuno sa meglio di lui quanto ha giocato una chiavica. CLAUDIO PELLEGRINI III (che esagerazione quel “III”, manco fosse Lupin)
MERTENS – Ha un altro piede, proprio nel senso che, come abbiamo già avuto modo di dire, sembra giocare con tre gambe, tanto le mulina velocemente. Un calciatore d’altri tempi, anche perché se trova i compagni abbandonati in un languore tipo Cafè del mar, le compilation ideate da Josè Padilla davanti ai tramonti di Formentera, non li asseconda proprio e si mette subito a giocare a pallone. BRUNO GIORDANO
ZAPATA – Toh, un centravanti. Pesante, un po’ goffo, ma un centravanti. ZALAYETA
PANDEV – Entra quando ormai attorno c’è troppa frenesia e non ci capisce molto. Ma la sensazione è che persino la sua versione più rintronata sarebbe stata meglio che andare alla ricerca dell’Hamsik perduto. EL KADDOURI