Di Ciucci, lupi, zebre, dragoni, capre e altri ovini

In Cina si festeggia il Capodanno e alcune società italiane colgono l’occasione per provare a fare breccia in quel mercato. E il Napoli? Resta a guardare
  • di Nello Del Gatto

    Non è una riedizione della Fattoria degli Animali di George Orwell, né tantomeno un trattato di etologia. E’ un’amara considerazione rispetto a quanto successo nei giorni scorsi sull’asse Italia-Cina e che ha per sfondo il calcio.

    Dovrei dire: “io ve l’avevo detto”. Ma non lo dirò, in questa storia non sono il Vecchio Maggiore di orwelliana memoria. Probabilmente sono più vicino a Benjiamin, l’asino cinico e dubbioso della sincerità e delle qualità degli altri. Soprattutto dei pavoni nati tra Torre del Greco e Pompei (ci sono città che, per nascita, ho difficoltà a citare e che ritengo essere dei non luoghi come la Terra di Mezzo o l’Isola che non c’è).

    Ieri la Cina ha lasciato l’anno del cavallo ed è entrata nell’anno della capra. Già perché i cinesi, da millenni, seguono il calendario lunare e i loro segni zodiacali cambiano annualmente, non mensilmente. Lo Zodiaco si articola sull’alternanza di 12 animali – topo, bue, tigre, coniglio, drago, serpente, cavallo, capra, scimmia, gallo, cane e maiale – ai quali viene associato uno dei cinque elementi fondamentali – legno, fuoco, terra, metallo e acqua. Quello cominciato ieri, dovrebbe essere l’anno della capra. Dico dovrebbe, perché sui media cinesi si è dibattuto a lungo sull’identificazione precisa dell’animale indicato dall’ideogramma cinese “yang”, che si riferisce indifferentemente a pecore, capre e arieti. Secondo studiosi, l’animale giusto è la capra, perché lo Zodiaco cinese è una tradizione della popolazione Han (quella maggioritaria della Cina) e le capre erano gli animali più frequentemente allevati dai cinesi Han.

    Ma le capre non sono solo quelle dello zodiaco cinese o quelle che salutavano Heidi. Ci sono capre, e sono molte, che siedono dietro le scrivanie, che spesso dirigono società. E fra poco capirete perché. Torniamo un attimo al capodanno.

    Per i cinesi, il Capodanno Lunare, che tutti chiamano Chunjie (festa di primavera), è l’occasione per le lunghe cene di famiglia e tutti coloro che vivono e lavorano lontano dal loro luogo natale, tornano per unirsi alla famiglia allargata nelle celebrazioni. Oltre alle cene, la tradizione vuole che il nuovo anno venga accolto con fuochi d’artificio a volontà. Secondo dati del governo, nei 40 giorni delle festività per il nuovo anno lunare, i cinesi hanno compiuto 2,8 miliardi di spostamenti in treno, aereo, automobile o nave, e viene definita “la più grande migrazione della storia”. Per regali e, soprattutto, cibo, i cinesi spenderanno 100 miliardi di dollari – circa il doppio, è stato calcolato, di quello che spendono gli americani nel fine settimana di Thanksgiving. Ogni secondo sono acquistati 1032 biglietti di treno. Da qui l’importanza della festa.

    Durante il capodanno, per due settimane tutti chiudono. Le aziende lasciano partire gli operai, fanno i regali, si scambiano gli auguri. Indifferentemente dal fatto di essere cinesi o stranieri. Si capisce pertanto perché le società straniere che operano in Cina o lì hanno interessi, si affrettino a fare gli auguri ai cinesi per il capodanno. Lo hanno fatto leader di governi e politici  di tutto il mondo (il principe Harry tra gli ultimi), lo ha fatto il Papa.

    Lo hanno fatto anche le squadre di calcio, quelle che capiscono che la cosa fa breccia nei cinesi e di contro favorisce l’ingresso nel paese. Domenica scorsa, la Roma si è presentata in campo con gli auguri in cinese ai cinesi per il capodanno stampigliati sulla maglia. Qualche giorno fa la Juventus ha diffuso un video nel quale diversi suoi giocatori, Allegri in testa, con una capretta di peluche in mano, facevano gli auguri in un improbabile cinese. Ma funzionava. E il Napoli? La società di De Laurentiis ha anche un’improbabile sezione in cinese del sito (se ci cliccate, non è aggiornata e la maggior parte delle pagine rimandano alla sezione in italiano…) ma si è dimenticata della ricorrenza. Hai voglia a fare proclami, ad annunciare accordi; hai voglia a spiegargli che la Cina conta, che a Napoli e dintorni c’è una delle comunità cinesi più grande d’Europa. Quello che al Napoli forse non sanno è che nelle aziende serie alle parole succedono i fatti. L’opposto accade in politica. Chi è la capra, quindi?

     

     

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