Gli sbadigli infiniti dell’Europa League

La sorella minore della Champions è un potente sonnifero per le poche emozioni che suscita
  • google

    di Antonio Moschella

    Lo confesso. Ieri pomeriggio (in Argentina, dove vivo, il fuso orario è di quattro ore indietro) ho seguito il Napoli a sprazzi e con gli occhi semichiusi, buttato sul letto e addocchiando più spesso il cellulare che la televisione. L’essere rientrato da poco dall’Uruguay, dopo aver dormito appena 5 ore la notte precedente, ha accentuato la sonnolenza dopo che il livello della partita aveva già contribuito a intorpidirmi. Prima di ieri, solo una volta mi ero addormentato vedendo il mio Napoli giocare. Sto parlando del 2 dicembre 2010, giorno del mio 27esimo compleanno, quando ad Utrecht Cavani prese per i capelli, un po’ come fece Chiellini con lui un anno fa, una partita già persa e con una tripletta permise agli azzurri di strappare un punto che a posteriori sarebbe stato decisivo per il passaggio del turno.

    Certo che ieri già dall’inizio si profilava un match non esaltante, soprattutto per chi giocava dietro. Schierare insieme Henrique, Britos e Reveillere, è garanzia di brividi a go-go. Si tratta, a mio modesto avviso, di una difesa che neanche il Sassuolo schiererebbe. Se poi a centrocampo come diga si trovano Dzemaili e Inler, allora il rischio è assicurato. Seppur parlino entrambi la stessa lingua i due svizzeri non si capiscono tra loro, nemmeno in allenamento. Inler, poi, sente la mancanza di Jorginho manco fosse la sua mamma e non azzecca neanche il più semplice degli appoggi. Ciò nonostante, i vari rischi corsi dal Napoli in difesa e l’ottimo primo tempo di Rafael non hanno influito sulla frequenza dei miei sbadigli. Mi spiace dirlo, ma ieri sera mi è mancata l’adrenalina provocata da quel pallone sventolato in mezzo al campo e soprattutto dai violini di quella musica che al San Paolo si conclude sempre con quel ‘De Cempions’ a squarciagola.

    L’unico sussulto che ho avuto è stato nel primo tempo quando il vigile Britos ha ‘appoggiato’ un pallone facile a Rafael che, stanco di parare, non se l’è sentita di fare anche un dribbling sull’avversario e ha messo in fallo laterale. Ora mi chiedo davvero se abbiamo fatto un affare a prendere Mertens e Callejón allo stesso prezzo dell’uruguayano o se quest’ultimo è un gran bel pacco. Di solito in medio stat virtus, ma mi sa che in questo caso la seconda ipotesi è la più plausibile. Menzione d’obbligo va fatta agli attaccanti dello Swansea: non esattamente dei cecchini. Paratone di Rafael e parte, le praterie lasciate da 6 (dico 6) uomini in difesa erano talmente invitanti che alla fine dei conti lo 0-0, il primo della stagione per gli azzurri, è oro colato, altro che Hamsik. Quest’ultimo, invece, orbitava in una dimensione parallela nella quale era stato risucchiato a causa del buco nero creato da Inler e Dzemaili in mediana.

    A provare a far qualcosa i soliti noti: Higuain che sbraccia da solo in attacco, Callejón che sciupa l’unica vera occasione con una puntazza degna di uno scarparo e Mertens una volta entrato. Insigne continua ad essere come il vecchio Kinder sorpresa, ossia che 1 partita su 3 la interpreta alla grande, il resto giggioneggia. E meno male che oggi non ha provato il tiro a giro, che altrimenti nella terra del rugby avrebbero anche applaudito ironicamente per una bella trasformazione al di sopra della traversa, per giunta con palla in movimento.

    Insomma, tutto questo per dire che l’Europa League, in effetti, è la sorella sfigata della Champions. Il presidente non ha tutti i torti quando dimostra il suo scarso attaccamento a questa competizione. Un tempo la giocavano le migliori squadre del continente, a parte le prime di ogni campionato. Oggi invece se la disputano cani e porci e i pochi decenti scarti della Champions, tra cui ci siamo noi. Insomma, parafrasando Totò, l’Europa League è una livella. E se la terza squadra italiana non riesce ad aver ragione dell’ultima inglese, seppur con un abbondante turnover, allora è anche logico che a qualcuno cali la palpebra e pensi che, in effetti, rodersi il fegato per partite di altro spessore, è molto più gratificante.

    Condividi questo post