Perché dobbiamo dirci ottimisti sul Napoli
di Francesco Albanese
E' già sucesso forse ricapiterà, ma come ne siamo venuti fuori soltanto poche settimane fa possiamo rialzare la testa. Anche stavolta. Da qui a Natale avremo quattro sfide cruciali: Slovan, Milan, Parma e Juventus (Supercoppa). Tolti i bianconeri non avremo certo di fronte delle corazzate, anche se in questo momento il vero enigma è lo stato di salute del Napoli. I passi indietro mostrati con l'Empoli hanno fatto scattare l'allarme rosso. A colpire è soprattutto la scarsa veemenza messa in campo, insomma quella “cazzimma” (Mariniello lo chiama Carattere) più volte evocata e raramente divenuta parte integrante di questo gruppo. Facciamocene una ragione in giro non si vedono epigoni di Bruscolotti o Salvatore Bagni ed il mercato (quello vero, quello estivo) è di là da venire. Detto ciò restano numerose frecce al nostro arco. Higuaìn non può certo proseguire la stagione in modo così malinconico, la sua crisi sembrava superata, se così non è stato abbiamo motivo di credere che i suoi gol e le sue prestazioni torneranno ai livelli che gli sono consoni. Conviene in primo luogo a lui stesso. E che dire di Callejòn? La consacrazione arrivata con la tanto sospirata chiamata della nazionale lo ha scaricato. Da quel momento sull'ex Real è sceso il buio, ma si può razionalmente credere a un rendimento su questi standard da qui a fine anno? Magari non vincerà la classifica dei cannonieri, ma nemmeno si può pensare a una seconda parte di stagione come un Pedros qualsiasi. In difesa torna Koulibaly. Forse non sarà Thuram, ma nemmeno quello sciagurato difensore “ammirato” con il Cagliari e a Sampdoria (cit.). Il francese è il leader della malandata difesa azzurra ed averlo in campo rappresenta comunque un valore aggiunto. Il maledetto infortunio ad Insigne e gli impegni ravvicinati ci hanno comunque consegnato due giocatori in più sui quali in pochi facevano affidamento ad inizio stagione: De Guzman e Zapata sono ora a tutti gli effetti dei titolari aggiunti.
Resta poi il nodo più difficile da sciogliere: Marek Hamsik. Da Benitez dobbiamo esigere la soluzione di questo problema. Un cambio tattico? Qualche panchina in più? L'allenatore ha tutti gli strumenti per restituire alla piazza il suo capitano. Meno complicato sarà ricucire il rapporto tra Hamsik e la tifoseria, ingigantire i fischi del San Paolo sarebbe autolesionistico. Consideriamoli un apostrofo nero tra le parole “t'amo”.