di Lucio Fava Del Piano
Malfitani di tutto il mondo, unitevi. E osservate un periodo di silenzio.
E a voi, massimimauri e italicucci, auriemmi e criscitielli, pinitaormini e salvatoricaiazza, tasconi e giannidimarzi, josèalberti e francoisgallardi, claudiraimondi e paolibargiggi, orrichi e agostinelli, e poi gazzette, corrieri, tuttisport, mattini, rome, scai, premiumi e chi più ne ha più ne metta, chiedo lo stesso: una breve pausa di riflessione pre-elettorale, un silenzio stampa al contrario, una quiete prima della tempesta che inevitabilmente scatenerete a partire da domenica sera.
Cosa sono cinque giorni? Cinque piccoli, rapidi, miseri giorni. Cinque giorni senza le vostre verità scolpite nel marmo, senza il vostro infallibile pronostico, senza il vostro inutile senno di poi, senza i vostri trionfanti “l’avevo detto”, senza i vostri colpevoli, senza le vostre condanne inappellabili, senza i vostri “se solamente…”.
Forse vi do una notizia, ma - che voi ci crediate o no - al mondo ci sono tantissimi tifosi del Napoli. Tifosi che ieri sera si sono come risvegliati al gol di Yanga-Mbiwa e hanno scoperto di avere ancora una partita da giocare, una partita per sperare. E l’attesa di quella partita vogliono viverla e godersela in grazia di Dio, con ottimismo o pessimismo, ansia, voglia che si giochi subito o voglia che non si giochi mai, che quell’attesa si protragga all’infinito.
Ma in ogni caso, senza il vostro rumore di fondo. Del quale, mai come in questo momento, non frega niente a nessuno.
Vogliono viverla da tifosi. Ognuno a modo suo, ma tutti accomunati dalla speranza, urlata o non confessata neanche a se stessi, che un gol all’ultimo dell’ultima partita dia un senso a un’intera stagione. E magari, l’autunno prossimo, ci porti a ritrovare quel Rafa Benitez ormai al passo d’addio, in quello stesso stadio dal quale quasi 28 anni fa uscimmo sconfitti in una surreale partita senza pubblico.
E a proposito di Rafa, mi permetto un pensiero e un piccolo appello. Nei prossimi giorni, butta via le tue tabelle sui test fisici, guarda i tuoi giocatori negli occhi, uno per uno, e manda in campo quelli che hanno più voglia, più grinta, più fame, più cuore, più cazzimma. Probabilmente scoprirai che anche noi, come adesso va tanto di moda dire dalle tue parti, podemos.