La coperta, d’inverno, è sempre corta
di Antonio Moschella
Non era solo una prerogativa della truppa di Mazzarri, il classico calo invernale con gli struffoli sullo stomaco. Il Napoli ricade nella classica trappola del freddo nord in quel di Bergamo, luogo da sempre ostico agli azzurri e dove non si fa bottino pieno da 4 anni, quando decisero Quagliarella e Pazienza. 8 punti in 5 partite a gennaio sono pochissimi per una squadra che vanta fin dall’inizio di lottare almeno per il secondo posto. La colpa, però, non è solo del freddo, della nebbia o del grigiore che attanaglia l’umore anche di un buontempone come Pepe Reina, che apre le danze alla peggior disfatta della stagione. Il problema è che la coperta per coprirsi dal freddo invernale, è corta. Tanto per cambiare.
Mentre con Mazzarri, paradossalmente, il suo incaponirsi con 13, 14 elementi, senza quasi mai dare opportunità agli altri, bastava come scusa, ora con Benitez questo discorso non va più bene. L’allenatore spagnolo ha detto fin da subito che per lui il turnover è importante, soprattutto se bisogna giocare su tre fronti. Ieri il turnover lo ha però stordito. Albiol e Callejón a parte, che per il madrileno giocherebbero anche con una gamba sola, e Maggio, in quanto unico ‘terzino’ destro a disposizione, nessuno ha il posto fisso in squadra. Dosare le forze, soprattutto prima dell’importantissima semifinale d’andata di Coppa Italia di mercoledì contro la Roma, era un obbligo. Lasciare però fuori Jorginho, che aveva fatto rivedere l’Inler di Udine in mezzo al campo, e rinunciare a Hamsik e Higuain insieme, è parso forse esagerato.
Che sia stato un segnale alla società per il mercato non scoppiettante di gennaio? D’accordo, in inverno, tranne casi rari, non si fanno affari, ma allora torniamo al classico discorso secondo il quale in estate la dirigenza si è accontentata. Per non parlare del tesoretto di 50 milioni dei quali ne avanzano ancora 30 o 35 e in molti si augurano che quantomeno siano cumulabili con i futuri proventi non per cucire gli strappi, ma fare un vestito nuovo al Napoli. Perché ancora una volta le riserve non si dimostrano all’altezza dei titolari. Albiol non riposa, è vero. Ma vi immaginate una difesa composta da Fernandez e da Britos? Ammesso e non concesso che Hernique non sia un fenomeno nascosto che giocava nella B brasiliana solo per affetto al suo Palmeiras. Ma non ci farei troppo affidamento.
Lacune a parte, un’ultima riflessione sul centro nevralgico del gioco di qualunque squadra: il centrocampo. Da quando Behrami si è infortunato, Inler e Dzemaili hanno giocato quasi sempre insieme. Dei due Inler è un mediano, ma di regista ha ben poco. E Dzemaili è un discreto incursore e ha un buon tiro, ma davanti alla difesa non può stare, oltre a non saper dettare i tempi. Sono stati loro ieri a fare due assist a Denis, che quasi incredulo ha ringraziato loro e Reina, ricordando a noi tifosi azzurri che quel gol al 94’ col Milan lo stiamo ancora pagando. E allora, caro Rafa, premettendo che senza di te molti dei migliori elementi che abbiamo non sarebbero mai venuti. Però, se la difesa fa acqua è colpa anche del centrocampo. E allora cosa c’è di tanto sbagliato nel passare a un 4-3-3 che usano anche il Barcellona e il Bayern Monaco? La papabile futura soluzione con Behrami, Jorginho in cabina di regia e Hamsik mezzo sinistro potrebbe risolvere tanti problemi in un solo modo. In primis riportare lo slovacco nel ruolo dove meglio rende e dal quale spesso è partito per togliere la castagne dal fuoco. E ora che è inverno, meglio non farle bruciare troppo queste castagne.