I numeri 7 azzurri, licenza di sedurre
di Antonio Moschella
Il numero 7 è quello dei sacramenti, dei peccati capitali, dei giorni della settimana e dei nani di Biancaneve. Ma non solo. In molti calciatori lo hanno onorato portandolo sulla spalla. Un tempo appannaggio principalmente della classica ala destra, da quando sono stati introdotti i numeri fissi per ogni stagione, è usato frequentemente da attaccanti di ogni sorta. In maglia azzurra, dal ritorno in Serie A datato giugno 2007, il 7 è sempre stato scelto da elementi di valore assoluto, nonostante all’inizio fossero stati giudicati con sufficienza troppo frettolosamente. In principio fu Ezequiel Lavezzi, da Santa Fé. Oggetto misterioso della prima campagna acquisti in Serie A del Napoli di De Laurentiis, l’argentino si impossessò del numero che fu di gente come Careca e Di Canio quando era ancora sovrappeso e in pochi avrebbero scommesso su di lui. Poco a poco il suo spirito da scugnizzo e le sue giocate mirabolanti, oltre alla parlata che ricordava sua maestà Diego, lo elevarono a nuovo idolo del San Paolo.
Quella maglia fu sua dall’estate 2007 a quella del 2010, quando Edinson Cavani la domandò esplicitamente e il Pocho si prese la numero 22. Arrivato anch’egli in sordina dal Palermo, a Napoli divenne uno dei centravanti più devastanti del globo, mettendo in mostra doti da realizzatore e qualità da giocatore a tutto campo. Per i successivi tre anni il Matador decise di fare la storia del Napoli a suon di gol. Il suo nome, anticipato dal suo numero di maglia, fu ripetuto più volte dal pubblico, in casa e fuori casa, e soprattutto durante la finale dell’Olimpico contro la Juventus. Unico calciatore azzurro, Maradona a parte, in grado di vincere la classifica dei cannonieri, nonché miglior marcatore di sempre per media gol a partita (0,75), l’uruguaiano ha incantato e innamorato per poi fuggire alla chetichella, senza neanche salutare, perché tentato dal dio denaro. Quest’anno è toccato a José María Callejón.
Il 7 lasciato in eredità da Cavani era pesantissimo, ma lo spagnolo lo ha saputo reggere fin dal primo incontro. In molti pensavano che l’impatto con la realtà italiana, più tattica e meno arzigogolata di quella iberica, sarebbe stato duro. Invece l’ex Real Madrid ha dimostrato di essere insostituibile per Benítez. Le sue capacità di palleggio, unite a uno scatto bruciante, alla spiccata atleticità e a una straordinaria dedizione, lo rendono un elemento unico nel suo genere nella rosa azzurra. Inoltre, i 5 gol messi a segno finora testimoniano la sua effettività sotto porta. Polivalente e già integrato nella realtà partenopea, Callejón è l’ennesima riprova che il numero 7, in quel di Napoli, è come il miglior punto possibile nella scopa: un Settebello.