Del Leicester, del Verona (non quello di Del Neri), di Albiol e di altri demoni
di Alessio Capone
Due cose dette in ritardo.
1. Mi piacciono sempre un sacco gli editorialisti (alcuni) di casa nostra. Tipo Crosetti, è lui che ha scritto del Leicester su Repubblica. Il nostro bravo editorialista per osannare l'impresa della squadra inglese non ci parla abbastanza di come si stia rendendo possibile questa impresa, della costruzione di un gruppo fatto di scarti delle big, della storia del club. C'è da capirlo, dentro ci mette anche i miracoli di Casalmaggiore e di Hayman alla Roubaix. Fa un accenno di come giocatori che qualche anno facevano i falegnami come Gesù adesso si ritrovino a lottare per la Premier, e poco più. La solita tiritera, insomma, meglio scritta rispetto alla media e più documentata, gli va riconosciuto.
Dopodiché, questa penna fine e arguta, vomita pezzi di morale surrogata buttati qua e la alla rinfusa. Dal suo piedistallo d'avorio incastonato di pietre un filo qualunquiste (altro che Roubaix), sottolinea come loro il Leicester e noi, poveri pezzenti, i fatti di Palermo e dei loro ultrà. Loro il Leicester, fatto di giocatori normali, altro che Messi e Ronaldo (!) - Non temete, il nostro arguto editorialista alla prima tripletta di uno dei due ci racconterà di come il nostro calcio, un tempo meta ambita, si sia ridotto ad osservare i grandi campioni e il calcio vero alla tivvù -.
Il meglio, poi, arriva quando punta il dito sui nostri piagnistei, vittimismi, sospetti. Noi, poveri pezzenti che non abbiamo il Leicester, altrimenti detto Verona d'Inghilterra. Ovviamente evita di dire che il Leicester, come direbbe il mio amico Elio Goka, tiene comunque la sfaccimma di soldi. Evita di dire che l'ultima volta che ci furono i sorteggi integrali degli arbitri, in Italia, vinse proprio il Verona d'Italia. Evita di dirci che in Inghilterra quella degli arbitri è una federazione autonoma che non dipende dalla federazione calcio. Ed evita anche di dirci che la suddetta federazione non ha come sponsor società ricollegabili platealmente alla proprietà di squadre iscritte alla federazione stessa. No, si dimentica. Eh, i piagnistei, il vittimismo.
Insomma, avrebbe potuto parlarci di una cosa bellissima come il Leicester, ma poi non ha resistito e gli è scappata la penna nel letame di casa nostra. Quel letame da cui non nascono fior, ma solo (pre)giudizi. E sempre a senso unico. Ops, ecco un altro piagnisteo, caro editorialista.
2. Albiol è stato bellissimo e ha fatto bene. In un contesto in cui chi urla di più la vince, ha fatto bene. Il comportamento dei giocatori juventini quando l'arbitro fischia fallo è stato studiato. Lo accerchiano, gli mettono pressione, incutono timore. E non entro nel merito del giusto e dello sbagliato, semplicemente rilevo che è così. Lui si è detto: basta vittimismi, basta piagnistei, tiriamo in fuori il petto. Pure troppo, fuori.
Che anche i nostri comincino a farsi sentire. Albiol è stato cazzuto. Hamsik è un grande uomo e grande capitano, ma capitano d'altri tempi, gentile, dai modi garbati. Nel mostrare la maglia divelta all'arbitro, quasi si è scusato. Fateci caso. Invece Albiol è stato plateale, incazzato, grintoso. Il prossimo fallo che non mi fischi ti spacco la testa e me ne fotto della tua ammonizione. Ha chiuso l'arbitro nell'angolo della psiche. Lo ha intimorito con l'aiuto del San Paolo. Facciamo tesoro di questa esperienza per il futuro e chiudiamo questa stagione così.
Plateali, incazzati, grintosi. Come Albiol.