Callejón e Insigne, due facce della stessa partita

I due trequartisti sono l’uno l’opposto dell’altro per il gioco espresso in campo
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    di Antonio Moschella

    Il pareggio di Udine ha due volti. Quello del goleador José Maria Callejón e quello dello sciupone Lorenzo Insigne. Rafa Benitez era infuriato come non mai dopo aver assistito all’ennesimo spreco di un’occasionissima da parte del numero 24 che, in quel frangente, invece di servire lo spagnolo e l’accorrente Behrami, ha optato per la conclusione personale. Niente di male, peccato che abbia cercato, come suo solito, il tocco raffinato sul secondo palo, fratello minore di quel tiro a giro che ha messo a segno una volta su cinquanta da quando indossa la casacca azzurra.

    È risaputo che il calcio non perdona e, dopo un gol sbagliato se ne subisce automaticamente uno. Se poi arriva come è arrivato al Friuli, allora la rabbia dentro divampa ancora di più. Precedentemente il solito Callejón ci aveva illusi. Con il diciottesimo centro stagionale, il trequartista destro-terzino-centravanti aveva illuso tutti con l’ennesimo gol di ottima fattura, quel tiro a incrociare al volo ormai specialità della casa. Oltre al gol il suo lavoro sulla fascia, tra abnegazione e concretezza, era stato impeccabile. Si notava che la pausa lo aveva giovato. È davvero difficile correre per tutta la fascia,soprattutto quando dietro a coprirti c’è Reveillere, ed arrivare poi lucido in zona gol.

    Parafrasando Friedrich Nietzsche , anche una squadra di calcio può essere preda di due spiriti, l’apollineo e il dionisiaco. Il primo, razionale ed efficiente è rappresentato da Callejón, ordinato e avulso dal caos, che invece impregna il modo di giocare di Insigne, sempre incline all’arabesco e alla giocata gustosa e per ciò totalmente dionisiaco. Concretezza essenziale contro evanescenza fumosa. In tal modo si potrebbe descrivere il modo di vedere il calcio da parte dei due trequartisti azzurri. Tutto ciò senza negare il riconoscimento di maggior dedizione e sacrificio che va rivolto allo scugnizzo di Frattamaggiore, che quantomeno ci prova e torna anche a dare una mano in difesa.

    Però è anche vero che se non si segna non si vince. E allora Lorenzo dovrebbe farsi un ultimissimo bagno di umiltà e provare ogni tanto anche qualche tiro un po’ più sbilenco o meno sontuoso può essere efficace, come l’anno scorso contro il Cagliari, quando il suo tentativo a casaccio rimbalzó sulla schiena di non ricordo chi per sorprendere Agazzi e diede al Napoli un trionfo fondamentale in ottica secondo posto. Perché è innegabile che un bel pallone che si incastra nell’incrocio dei pali faccia sciogliere il sangue nelle vene, ma se all’estetica non si abbina l’effettività, allora si tratta del solito cane che si morde la coda. E anche la lingua, per scaricare la rabbia dell’ennesima vittoria sprecata.

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