9 e mezzo

  • Di Antonio Moschella

    Nel quartiere di Belgrano, zona nord di Buenos Aires, Jorge Higuain e sua moglie Nancy si stabilirono dalla metà degli anni ‘80 con tutta la loro prole, composta da tre ragazzi. L’ultimo, Gonzalo Gerardo, era nato per caso a Brest, in Francia, e al ritorno della famiglia in Argentina, all’età di soli 6 mesi, venne ‘bloccato’ alla frontiera dell’aeropuerto di Ezeiza (principale scalo di Buenos Aires) per mancanza di documentazione. Qualche anno dopo, nel retro della mansione Higuain, dove regnava il quincho (spazio sacro dedicato all’asado, con parrilla e tutti gli strumenti necessari) il piccolo Gonzalo e papà Jorge sfidavano i fratelli maggiori Nicolás e Federico, fino a quando uno dei quattro - ancora non si sa chi - ruppe uno dei tavoli adibiti ai pranzi familiari e Nancy fece smontare il quincho per far installare una piscina.

    Da quel momento, ossia intorno al 1993, i figli di Jorge cercarono sfogo altrove. E fu il più piccolo a trarre giovamento dal salto di qualità dei campi e soprattutto dall’arrivo di nuovi avversari che non fossero i fratelli. Insieme a Federico, più grande di tre anni, entrò a far parte di quelli che in Italia sarebbero i ‘pulcini’ del River Plate. Ad otto anni le potenzialità erano evidenti, ma la voglia di allenare poca. Fino a quando Eduardo Abrahamian, tecnico delle giovanili che nel frattempo lavorava già sullo sviluppo di gente come Javier Pedro Saviola e Maxi López, non lo prese in disparte e lo convinse ad applicarsi anche lontano dalle partite. Inizialmente posizionato trequartista, innamorato del pallone ma mai ossessionato dallo stesso, poco a poco Gonzalo diede mostra di avere anche un notevole fiuto del gol. E crescendo, la sua stazza lo aiutò a farsi le ossa da centravanti.

    Quello che ora catalizza tutte le azioni d’attacco del Napoli è dunque un perfetto 9 e mezzo, quello che fa da raccordo tra centrocampo e ali o mezzali che si inseriscono, quello che fa l’elastico, quello che fa girare palla, quello che si muove ad est e ad ovest dell’attacco creando superiorità. Quello che segna, in tutti i modi. 9 gol e 2 assist finora, tra campionato ed Europa League, il suo miglior inizio da quando veste l’azzurro. E si sprecano i paragoni con Careca, che però arrivò da commensale di una tavola già abbondantemente imbandita e con qualcuno di inarrivabile che lo imboccò fin dal primo momento.

    La sua Argentina lo rivuole, e purtroppo per il Napoli, la sosta in programma tra due settimane lo vedrà viaggiare oltreoceano, con stress e minuti nelle gambe da mettere in conto prima del rush finale prenatalizio. Starà a lui dimostrare che la stanchezza gli è indifferente, perché è ormai arrivato a un livello di forma e condizione storicamente mai raggiunto prima. Il 9 e mezzo non è quello a cui manca poco per essere un 10, ma l’attaccante completo che può scrivere una parola che nessuno osa pronunciare sotto il Vesuvio.

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