Ah ah, finalmente hanno esonerato Mazzarri, non aspettavo altro, ah ah!
di Giulio Spadetta
Dite quello che volete, ma a me sembra che dileggiando Mazzarri ridicolizziamo noi stessi. Sì, ci stiamo sfottendo da soli, noi tifosi del Napoli. Siamo diventati tutti Figli dello Zappatore, stiamo in un salotto buono tra “Uommene scicche e Femmene pittate” e guardiamo con vergogna il nostro genitore con i calli sulle mani, dimenticandoci che anche grazie alla sua fatica ci siamo potuti permettere di entrare in quel salotto. Peraltro nelle dimore aristocratiche continuano a guardarci con sospetto, perchè alla fine lo sapete cosa siamo? Dei parvenu. E abbiamo una paura fottuta che tutti se ne accorgano.
Non posso fare a meno di credere che lo scherno dei tifosi interisti verso Walter nasca anche dalle sue origini (le nostre origini), perché non è ben vista l'etichetta di “ex allenatore del Napoli”. Sarebbe stupido pensare che queste nobili decadute abbiano accettato volentieri le mazzate prese negli anni da quella banda di straccioni (Grava, Cannavaro, Aronica, Pazienza, Dossena e compagnia bella) guidata da un buffo omino che si sbracciava in maniche di camicia. Eppure quante gliene abbiamo date, alla faccia della miseria.
Ma a noi non va bene. Come tutti i Pezzenti Sagliuti ci vergogniamo delle nostre origini umili. Oggi mai nessuno farebbe caroselli in auto per una vittoria sulla Juve, eppure accadde, era solo cinque anni fa. Oggi nessuno festeggerebbe un sesto posto, eppure accadde, era quattro anni fa. No, per carità, è preistoria, chiudiamo il libro che quella nostra giovinezza di tifosi umili e orgogliosi era troppo ingenua, cosa vuoi, “A vent'anni si è stupidi davvero”.
Sì, Walter era un tamarro. “Senza giacca e cravatta, accussì so' venuto”, e così venne lui, con un taglio di capelli improponibile, con occhiali tremendi, con un eloquio rozzo ma evidentemente convincente, se bastò a rianimare in pochi giorni un gruppo di ragazzotti allo sbando, tra notti brave e partite perse senza neanche provarci. Giocavamo un calcio vegano, senza sangue e senza cuore, e improvvisamente ci ricordammo cosa volesse dire affrontare tutti senza paura.
Ma oggi noi non vogliamo più guardare a quel passato. Come brillanti studenti universitari incantati da un docente di prestigio, rinneghiamo e prendiamo per il culo quell'umile professore di liceo che per anni ci ha corretto errori da somari, permettendoci infine di frequentare un rinomato Ateneo.
Il popolo del web, a fronte di queste osservazioni, ha dato risposte variegate: “Non mi è piaciuto come ci ha lasciato”. Ok, poi ne parliamo. Oppure: “Quelle dichiarazioni nel post partita erano insopportabili, sempre a piangere e a recriminare...”. Oh scusate, ma questa è una folgorante cazzata (me lo passi il termine, Boris?). Sì, è una cazzata, o meglio, è il calcio visto con gli occhi di chi è drogato dalla politica, dove “le parole sono importanti” anche perché giudicare gli atti è praticamente impossibile. Ma il calcio – è bene ricordarselo – ci piace anche perché le chiacchiere stanno a zero: c'è il verdetto del campo, unico giudice, e da lì vengono fuori sentenze inappellabili.
Ma noi non non ci limitiamo più a guardare solo le partite. No, ormai lo spettacolo è quello che trasmettono dopo, dove alcune gnocchissime e ridanciane conduttrici, attorniate da una corte di ex calciatori bolliti e ignoranti, cercano di mettere in difficoltà gli allenatori stravolti dalla tensione del match appena finito. Ah, quanto vi piace il post partita. Ma ragazzi, non siamo in un talk show, qui non vince chi predica bene, conta razzolare. E Walter il tamarro, in eterna lotta con avversari interni, esterni e talvolta immaginari, ci ha condotto in paradisi dorati che mai avremmo creduto di poter visitare.
Ogni tanto qualcuno salta su e dice: “Eh, ricordatevi dove eravamo dieci anni fa...”. Ah sì? E dove eravamo cinque anni fa ce lo dobbiamo dimenticare? Aspè che ve lo ricordo io: in fondo alla classifica. Con quell'abatino di Donadoni avevamo fatto la miseria di sette punti in sette giornate, con due vittoriuzze, un pareggio e quattro (dicasi quattro) sconfitte.
Poi arriva Mazzarri. Non ha quarti di nobiltà. Da calciatore ha lasciato segni assai esigui. Da allenatore ha “sgavettato” di brutto, guidando squadre giovanili e facendo il secondo di Ulivieri, poi è partito dalla serie C per arrivare, sofferenza dopo sofferenza, alla serie A. Non è un raccomandato. Non sa stare a tavola (neanche da Giuseppone a mare), non sa parlare. Ma in quel momento era perfetto per noi. E infatti lo seguimmo senza una ragione, come un ragazzo insegue il suo aquilone. Ora è per questo che non ci piace? Perciò ci vergogniamo di lui?
Quelli che si atteggiano a tecnici dicono che con Mazzarri ci difendevamo e basta, e che è facile vincere se hai Cavani... Anche qui c'è un'amnesia, perché quando arrivò il Matador ricevemmo le prese in giro dei palermitani: “Complimenti, avete preso un buon terzino destro...”. Davvero Walter non c'entra nulla con quei 104 gol? E comunque il problema, anche nell'era pre-Benitez, era lo stesso di oggi: scardinare il bunker avversario. Ma dove stanno queste partite difensive? Ma cos'è questa rimozione collettiva?
Altri dicono che la frettolosa archiviazione di Mazzarri nasca dal fatto che ci abbia lasciato nonostante le suppliche. Ma la storia del Napoli è piena di addii. Da Zoff e Claudio Sala passando per Clerici, Zola, Ferrara, Cannavaro, fino a Lavezzi e Cavani. Il calcio è così, non fate paragoni con le relazioni sentimentali, quelle possono anche durare tutta la vita, ma nel calcio l'unico amore eterno è quello per la squadra, non per gli uomini in carne ed ossa.
Sollazzo dice: “Una cosa è certa: Mazzarri non amava Napoli”.
Ma ragazzo mio, se anche fosse vero, ricordati che Napoli non l'amiamo manco noi napoletani, altrimenti non l'avremmo ridotta così. E non saremmo così sprezzanti verso il nostro passato.