Abbiamo tutti la febbre a 90° di Nick Hornby. E non ci passerà mai

La sfida con l’Arsenal resterà memorabile, per i veri tifosi. Anche per il fascino dello scrittore (malato dei gunners) che ha spiegato al mondo come il pallone può dare un senso a ogni istante della tua vita
  • Nick Hornby, autore del romanzo-cult "Febbre a 90°"
  • di Francesco Bruno

    Ancora poche ore e al San Paolo andrà in scena una serata calcistica destinata a rimanere impressa nella memoria dei tifosi partenopei. Il Napoli si giocherà le sue chances di approdare agli ottavi di Champions League, cercando l'impresa epica contro l'Arsenal con la speranza che arrivino buone notizie dal Vélodrome.

    Di avversari prestigiosi ne sono sfilati tanti nell'arena azzurra, basti pensare al Real Madrid nel 1987 e, più recentemente, al Liverpool, al Manchester City e al Chelsea. Ma stavolta arriva l'Arsenal, compagine altrettanto blasonata, che, nelle menti bacate dei malati di calcio, rievoca sensazioni particolari.

    I miei primi ricordi riguardanti le magliette bianche e rosse dei gunners si fissano indietro nel tempo nelle sbiadite immagini di Football Please, trasmissione sul calcio estero ideata da un pionieristico, per l'epoca, Michele Plastino. Ma la squadra londinese è soprattutto al centro della trama di Febbre a 90°, il romanzo di Nick Hornby che non può che essere cult per ogni tifoso. Lo scrittore inglese, raccontando la sua passione per il calcio e per l'Arsenal, riesce mirabilmente a descrivere la psiche del tifoso. Ogni appassionato di calcio, qualunque sia la sua fede, non può non riconoscersi. La sua vita è la vita di ognuno di noi. Per ognuno di noi i nomi dei familiari, degli amici, delle mogli arrivano a confondersi con quelli dei giocatori della propria squadra del cuore. Per ognuno di noi i momenti che hanno caratterizzato la nostra esistenza si confondono con avvenimenti  sportivi esaltanti (Napoli-Juve 1 a 0 del 3 novembre 1985, quello della magica punizione di Diego) o tragici (Napoli-Milan 2 a 3 del primo maggio 1988, quello dello scudetto incredibilmente svanito). Mia moglie ancora mi osserva con puntuale incredulità quando, nel ricordare le date di nascita dei nostri figli, le accosto a Napoli-Catania 1 a 0 dell' 11 gennaio 2009 e a Napoli-Lazio 4 a 3 del 3 aprile 2011.

    Le considerazioni di Nick Hornby sono buone anche se si tifa Napoli, anche se sugli spalti si inneggia a Higuain e ad Hamsik. Gli alti e bassi della sua vita sono anche i nostri. Se proviamo a leggere le sue vittorie e le sue sconfitte, i suoi traguardi raggiunti e quelli mancati, scopriremo di avere molto in comune. Il legame tra squadra e vita per ogni tifoso è indissolubile: “Dopo un po' ti si mescola tutto in testa e non riesci più a capire se la vita è una merda perché l'Arsenal fa schifo e viceversa”.

    Se dici Arsenal, di questi tempi pensi, oltre a Nick Hornby, ad Arsène Wenger, il manager che è alla guida dei gunners dal lontano 1996. Un uomo che a Londra, ad Highbury e dintorni, è una bandiera, una sorta di leggenda calcistica. Uno che, prima di scrivere la storia recente del club, alla sua prima stagione sulla panchina londinese ottenne il terzo posto e fallì la qualificazione per la Champions League. Come Sir Alex Ferguson a Manchester e come Fabio Capello al suo primo anno a Roma. Meditiamo gente, meditiamo.

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