Albiol, ovvero il segretario generale del Quirinale di “Benvenuto presidente!”

Avete presente il personaggio formalissimo che dopo le puttanate di Claudio Bisio comincia esprimersi a maleparole e in friulano stretto? È la metafora del nostro Raul, che come equivalente ex azzurro può richiamare, forse, Vittorio Caporale
  • I compagni festeggiano, Raul Albiol sembra bofonchiare a mezza bocca qualcosa di terribile
  • di Errico Novi

    RAFAEL – Finge di distrarsi per invitare i neroblù al tiro. Non ci cascano quasi mai. GIULIANI

    MAGGIO – Allora Christian, si può sapere che cavolo ti era successo? Dov’eri? L’importante è che sei tornato, eh? GRAVA

    ALBIOL – Chi non ha visto il film Benvenuto presidente! con Claudio Bisio non può capire. Comunque in breve tra i personaggi c’è il segretario generale del Quirinale, tignosissimo e intransigente. Parla per brevi ingiunzioni formali («il protocollo prima di tutto!») ma di fronte alle puttanate che inanella il neopresidente/Bisio gli vengono alcuni infarti, comincia ad esprimersi a maleparole e solo nel suo dialetto d’origine, il friulano stretto. Ecco, Albiol è un po’ come lui: si era presentato come regista arretrato quasi scultoreo nella sua perfetta eleganza ma a furia di assistere alle puttanate dei suoi intercambiabili compagni di reparto è diventato un greve spazzatutto d’altri tempi. A questi livelli, come ex libero azzurro dai modi brutali, mi viene in mente solo VITTORIO CAPORALE

    BRITOS – A voler restare nella metafora del film di cui sopra, lui sarebbe il presidente della Repubblica. Ma come ex difensori azzurri mi ricorda MIRKO TACCOLA (attenti alla prima consonante)

    REVEILLERE – Onesto paraculo, se fosse una donna si metterebbe la cipria anche a ottant’anni. LUCIANO SÒLA

    RADOSEVIC – Pur nella sua gioventù si mostra più saggio di Inler e non s’infila in imprese in cui può solo combinare disastri. PAZIENZA

    INLER – Ineffabile la schizofrenia tra cappellate e pregevolezze come l’assist del 3-1. Il solo profilo che potrebbe corrispondergli è quello di PAOLONE DAL FIUME

    CALLEJON – Mamma mia. CARECA

    PANDEV – C’è un amico che ai tempi degli scudetti aveva sviluppato una sua personale teoria su Massimo Mauro: “Da piccolo non gli riuscivano i dribbling, in pratica ha avuto un trauma. È per questo che adesso dopo aver dribblato l’avversario torna indietro per ridribblarlo”. MASSIMO MAURO

    INSIGNE – Velocità di pensiero sul secondo gol degna dello scugnizzo che, grazie al Cielo, è per davvero. Destrezza rievocatrice  addirittura dei tocchi malandrini di Diego, e anche la punizione sulla traversa ha un che di maradoniano. Ma ovviamente il “Suo” 10 è fuori concorso anche nelle retró-pagelle. Perciò ci rifugiamo in PAOLO DI CANIO

    ZAPATA – A pazziella ’mmano ’e criature. MURGITA

    HAMSIK – Se penso alla carica che il suo semplice ingresso in campo ha trasmesso ai compagni mi commuovo. ALEMAO

    HIGUAIN – Entra incazzato come il “masto” di una fabbrichetta che trova i dipendenti a pariare*. Un  minuto e quelli segnano. SCHWOCH

    BARITI – Fosse capitato sotto il regime di Drive in e di Gianfranco D’Angelo, quei “baffetti da sparviero” se li sarebbe tagliati subito. Dà l’impressione di essere un talento troppo pigro perché possa venirgli voglia di dimostrarcelo. Perciò per ora ci si deve fermare a RUSSOTTO

    * trattasi non di refuso e di confusione con il verbo “parlare” ma proprio di “pariare”, vocabolo che presto vi illustreremo in una delle prime puntate di una nuova rubrica (ci siamo capiti solo con gli extrabloggers)**

    ** “…accussì acchiappammo ’natu piezz…”, Alfredo Cerruti in “Incubo”, dall’album “Manzo”, Squallor, Dischi Ricordi 1996. E questa l’ha capita solo Vladimiro

    Condividi questo post