Ma davvero credete che tremila napoletani a Dortmund siano tanti? Nell'89 erano ventimila
di Errico Novi
Il calcio è cambiato, non c’è niente da fare. Da stamattina campeggia ovunque la notizia del sold out per il settore ospiti di Borussia-Napoli: la scorta di 3.200 biglietti assegnata ai partenopei è andata polverizzata in poche ore. Tremiladuecento biglietti: come se fossero chissà quanti, in uno stadio da 80mila posti. Ma è così. Non vedremo mai più – se non in una finale – scene come quella dell’Olympiastadion nel lontano 19 aprile '89: Bayern Monaco-Napoli, semifinale di Coppa Uefa, Careca segna due gol sotto una curva gremita da oltre quindicimila supporters azzurri. Napoletani che vivono in Germania, certo, ma anche tanti che si sono messi in macchina dall’Italia e hanno comprato il biglietto all’ultimo momento. Ci guadagnavano pure i bagarini? Sarò strano ma non riesco a trovare differenze, tra il reato di bagarinaggio e la rapina di ricchi club che vendono i posti alla tifoseria ospite per cinquanta euro l’uno. Sta di fatto che nel magnifico Iduna park di Dortmund non vedremo lo spettacolo di 24 anni fa. Ci sarà il solito piccolo spicchio riservato agli ospiti, e poi qualche sprazzo d’azzurro qua e là nell’immenso stadio del Borussia (la cui capienza nelle gare di Champions viene ridotta da 80mila a 65mila posti: si vede proprio che l’Europa non è per i popoli).
Stavolta gli ultras hanno dovuto sudare più del solito per procurarsi i preziosi (in tutti i sensi) titoli d’ingresso. Non tanto per l’ormai collaudato e, va riconosciuto, civilissimo sistema di vendita on line. Ma anche perché la trasferta di martedì è di quelle che fanno decisamente gola: il Napoli si gioca in Vestfalia un bella fetta della propria stagione. Ci saranno tanti tifosi partenopei che non si sarebbero mossi se l’occasione non fosse stata così importante. C’è chi dirà: ma perché, gli ultras hanno il monopolio delle trasferte? Dall’altra parte risponderanno: «Voi a Gela non c’eravate, noi sì e abbiamo un diritto di precedenza». Allora: non esiste un diritto propriamente inteso. E non era accettabile, ovvio, che gli ultras potessero accaparrarsi a furia di botte e spintoni i tagliandi delle trasferte di Coppa – le uniche in cui si muovono, causa Tessera del tifoso. È giusto che non possano più ripetersi le scene viste negli anni scorsi davanti ai botteghini del San Paolo, quando arrivavano improvvisamente duecento ultras e passavano davanti a gente in fila dalle tre del mattino. La logica della vendita on line è sacrosanta. Se non esiste un diritto di precedenza formalmente riconoscibile, c’è però un principio morale che non riusciamo a negare. A Napoli come in altre grandi città ci sono alcune migliaia di militanti del tifo. Ultras appunto. Giovani e non più tanto giovani. Hanno seguito la squadra ovunque. Hanno subito pesanti conseguenze per i loro comportamenti: c’è chi ha preso tre anni di daspo per aver acceso un fumogeno. Hanno inventato praticamente tutti i cori che oggi sentiamo cantare in ogni stadio dove il Napoli gioca, anche nelle trasferte di campionato, dove gli ultras non sono più presenti dall’ormai lontano 2008. I cori dei "tifosi normali" che sentiamo in questi casi sono stati tutti “creati in curva” dai soliti ultras. Ecco, tutto questo ci fa pensare che i militanti del tifo avrebbero almeno un diritto di precedenza morale. Non diciamo che di quei 3.200 biglietti assegnati al Napoli dal Borussia se ne sarebbe dovuta riservare una quota a loro. Ma che questo calcio è davvero strano, se anziché puntare ad ampliare la platea degli spettatori dal vivo si preoccupa solo della pay-tv. E se i 20mila posti destinati ai napoletani in una trasferta tedesca ventiquattro anni fa, dove gli ultras potevano tranquillamente trovare posto insieme con gli altri, si sono ridotti oggi a un sesto.
C’è chi dirà che andare in giro per l’Italia e l’Europa a seguire la propria squadra di calcio era una roba da sfaccendati. Che il turismo sportivo era un fenomeno tipico di una società troppo diversa da questa. E che le esigenze di produttività imposte dall’economia globalizzata non consentono più certe divagazioni di massa. Ci sentiamo di rispondere che questa è una visione cinesizzante della vita. E che il diritto di seguire senza tante difficoltà la propria squadra di calcio è uno dei tanti diritti che il nostro piccolo mondo ha perso senza accorgersene.