La colpa è di tutti
Di Antonio Moschella
Il lunedì dell’angelo, con la lenta digestione impostata nel nostro corpo, è forse il miglior momento per riflettere a freddo su quanto accaduto sabato. Il Napoli sembra ormai virtualmente lontano anni luce dall’accesso (diretto o indiretto) alla prossima Champions League e dovrà sovvertire l’orribile trend di risultati e far leva sul morale per provare a finire quarto o quinto. C’è chi, come me, punterebbe tutto sull’Europa League e chi invece pensa già alla prossima stagione. Arrivati a questo punto, però, è d’uopo rendersi conto che lo scenario attuale è figlio delle azioni sbagliate di tutti i componenti della società. Perché quando si vince il merito è da condividere, e lo stesso vale quando si perde.
Società
“Il pesce puzza sempre dalla testa”, recita un famoso proverbio. In effetti, se siamo arrivati al 27 agosto con una squadra rabberciata, aspettando i 20 milioni della Champions, non è che per una decisa scelta della dirigenza. Per non parlare poi del mercato di gennaio, che ha sì portato un elemento valido come Strinic e un cannoniere come Gabbiadini, ma non ha sopperito alle carenze strutturali come quelle di un difensore centrale di livello e di un mediano che potesse dare maggiori garanzie.
Allenatore
Non me ne vogliano i rafaeliti ma il nostro tecnico ha sicuramente le sue colpe, perché la squadra in campo la manda lui. Sia chiario, io vorrei con tutto il cuore che restasse perché credo nel progetto e ho sempre ammirato la sua dedizione alla causa e la sua abilità nell’impostare un certo tipo di gioco propositivo. Ma con i mediani a disposizione giocare a due a centrocampo è un mezzo suicidio, ormai si è capito: per di più Jorginho, coniglio bagnato, ormai non azzecca più neanche un passaggio in orizzontale. Per non parlare dell’accanimento su Britos, uno che sabato non ha giocato così male ma che si porta dietro una serie di cappellate non indifferenti. È facile parlare adesso, ma come sarebbe finita sabato con Gargano e Koulibaly in campo? La sostituzione di Higuain è stata un po’ la goccia che ha fatto traboccare il vaso dei suoi detrattori. Io ne sono rimasto sconcertato semplicemente per il fatto che se devi rimontare, uno come Gonzalo può far gol anche zoppo e addormentato.
Giocatori
Sono loro a scendere in campo e a sudare la maglia. Se Albiol senza Reina ha perso la bussola, Koulibaly è ancora acerbo, Britos si crede Beckenbauer e i terzini non sanno cosa sia una diagonale, allora difendere è davvero arduo. Soprattutto se in mediana il migliore è Gargano, uno cacciato e ripudiato anni fa. Inler e Lopez hanno un passo molle e raramente creano, mentre Jorginho ormai è un caso perso. Se poi anche in attacco non la buttiamo più dentro, allora i nodi vengono al pettine. Higuain è un caso emblematico. Exploit contro la Dinamo Mosca e golazo contro l’Inter a parte, quello che per molti è il miglior calciatore della Serie A non incide in campionato da oltre due mesi e sembra ormai incupito da un alone negativo che gli impedisce di rendere al meglio.
In questa mia umile analisi ho voluto omettere i tifosi, perché loro non scendono in campo, anzi seguono la squadra sempre, ovunque e comunque. E non importa chi indossi la maglia o chi sieda in panchina. Per loro il Napoli sarà sempre l’unica fede e l’oggetto di un amore incontrovertibile e sano. Del resto, chi scrive è uno che la maggior parte delle partite allo stadio le ha viste in C e in B, mica durante le notti stellate della Champions...