Da Scampia una lezione anche per la Napoli “borghese”
di Enrico Bruno
Il riscatto di Scampia, solo questo può essere il senso di un evento tragico, angosciante e toccante come quello di Ciro Esposito. E allora per chi è cristiano si può immaginare che il Signore abbia voluto finalisticamente ricorrere a Ciro e alla sua ammirevole famiglia per concedere a un quartiere come Scampia il proprio riscatto. Un quartiere identificato solo con il fango della droga, dello spaccio, della criminalità, colpito dalla mediatica e diffamante inquisizione di Gomorra e di altri epigoni.
Gli stessi quartieri borghesi di Napoli si sono sempre mostrati infastiditi dalla “gente di Scampia” che con la metropolitana collinare aveva la possibilità di approdare nelle vie ben più “nobili” del capoluogo partenopeo e imbrattarne moralmente e materialmente le strade.
E non solo: giornalisti e autori televisivi oramai avevano trovato nella demonizzazione e nella criminalizzazione di un’intera area della città un marchio generico e superficiale ma dal sicuro impatto commerciale.
Ed è allora a tutti costoro che la madre di Ciro, gli zii, la fidanzata e gli amici, invece, con la loro compostezza, con la loro dignità e con la loro profonda fede hanno dato un lezione, oltre la retorica, su come anche in un quartiere martoriato da una criminalità spesso lasciata indisturbata, vivano persone perbene. Persone che, quotidianamente, portano avanti i valori di onestà e moralità e che proprio per questo assumono il ruolo di veri propri eroi civili.
Pur nella profonda tragicità di questi giorni allora possiamo intravedere un messaggio di speranza proveniente da una terra che se aiutata e sostenuta dalle istituzioni e dalla società civile può divenire il mezzo di un riscatto civile di un’intera città contro il cancro della camorra.
Certo, è straziante e lacerante vedere dei genitori ed una fidanzata perdere il loro ragazzo; forse però possono essere il simbolo e il mezzo di una rinascita che, parafrasando Pino Daniele, dà loro la forza di continuare a “vivere e soffrire”.