Ciro Esposito è morto. Ora tocca a noi rendere onore alla sua vita

Dopo cinquanta giorni di lotta, il ragazzo di Scampia ferito a morte il giorno della finale di Coppa Italia esala il suo ultimo respiro. Un sacrificio ingiusto sull'altare di una rivalità e di un odio assurdi
  • Campania24

    di Boris Sollazzo

    Ciro, maledizione. Sei stato così coraggioso, forte e instancabile nella tua lotta per la vita, che ci avevi illuso di poter festeggiare con te quella maledetta Coppa Italia. Eri arrivato gravissimo all'ospedale, quel proiettile che ti aveva devastato i polmoni avrebbe ucciso chiunque, probabilmente, ma non te. Tu ci hai provato in ogni modo a tornare al San Paolo con noi, tu hai lottato ogni giorno. Tante operazioni, tante crisi, tanto dolore: ma noi sentivamo che ce l'avresti fatta.

    Poi, stamattina, alle 5.37, hai riposato. Esausto, non ce l'hai fatta più. Il tuo cuore, grande, quello che ti ha portato a reagire a un raid vigliacco e pericoloso prima di altri, a proteggere altri tifosi come te e come noi, ha smesso di battere per un'insufficienza multiorganica. Eri in coma, non hai potuto vedere che tanti cuori si erano fermati prima. Quelli dei giornalisti che ti hanno dato per morto, che sul tuo corpo ancora in lotta hanno ingaggiato una lotta a chi dava per primo la notizia del tuo decesso. Senza che i medici parlassero, senza che lo facesse la tua meravigliosa famiglia. Sì, sono gli stessi che senza neanche conoscerti, hanno parlato quel 3 maggio di "regolamento di conti", di "dubbie frequentazioni", di "una sparatoria tutta interna alla criminalità organizzata". Non si erano preoccupati allora di informarsi su di te, di scoprire che eri un ragazzo dolce, un gran lavoratore, un figlio adorato. E un fidanzato attento. Figurati, caro Ciro, se questi avvoltoi potevano aver rispetto del tuo ultimo saluto. Solo le tre agenzie prinicipali, SkyTg24, Teleroma 56, noi e Giornalettismo ci siamo rifiutati di partecipare a questa vergogna. Altri hanno persino messo l'hashtag del nome della loro trasmissione accanto alla comunicazione della tua (falsa) morte.

    Forse non lo sai, Ciro, ma noi napoletani, soprattutto noi napoletani a Roma, dobbiamo ringraziarti. Perché la tua famiglia ci ha reso fieri delle nostre origini, della nostra gente, della nostra anima partenopea. Perché tua mamma, pensa, non ha mai risposto all'odio che ha portato alla tua morte con una sola parola di rabbia o vendetta. Tuo padre lo abbiamo visto fuori di sé solo ieri, quando giustamente ha rifiutato la visita di un sindaco, Ignazio Marino, (ma dovremmo chiamarlo Ignavo Marino), che per quasi due mesi aveva ignorato suo figlio. E tuo zio, la tua ragazza. Tutti. A difenderti, a chiedere che la violenza non generasse altra violenza, ma solo giustizia. Quella vera. Non quella sommaria, quella che ti fai da solo.

    E allora Ciro, noi te lo dobbiamo. Dobbiamo rendere onore alla tua morte e alla tua vita. Da oggi.

    Ridicolizzando quelle autorità che sporcano già la tua memoria seminando terrore, sostenendo che gli ultras si stanno muovendo per mettere a ferro e fuoco la capitale. Lo chiedo ai romanist e a tutti gli altri tifosi, italiani e stranieri, non solo a noi napoletani: andiamo tutti insieme sotto il Palazzo di Giustizia. Diamoci il cambio per mesi o anni, se necessario, ma mettiamoci là davanti, a cantare cori insieme. Solo quello. Non alziamo un dito, cantiamo. Per Ciro. Finché giustizia non sarà fatta, finché questore e pretore non saranno rimossi, finché gli organi della disinformazione che, in tv e sui giornali hanno seminato odio e pregiudizi, non chiederanno scusa. Finché il colpevole - anzi, i colpevoli: parlate, voi che sapete - non pagherà. Come deve.

    So cos'è la mentalità ultras, conosco bene quell'etica. So che non è abituata a cercare soddisfazione dalle autorità (in)competenti. Ma, e lo dico a tutti i tifosi, tutti, non siamo noi ad aver perso un figlio, un nipote, un fidanzato. E noi, se vogliamo rendere onore a quel ragazzo dal sorriso aperto, dobbiamo sostenere quella sua splendida famiglia. Anche perché la mamma coraggio Antonella, il timido Gianni e ancora Simona, Pino, Vincenzo e tutti gli altri, sono la Napoli che conosciamo, amiamo, di cui andiamo orgogliosi.

    Noi dobbiamo essere alla loro altezza, non si alzi un dito contro nessuno. Non venga toccato niente e nessuno.

    Ciao Ciro. E sempre forza Napoli.

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