Vita spericolata
Di Antonio Moschella
È un’immagine già vista quella di Henrique che provoca il rigore. Ingenuo il brasiliano a toccare Palacio, astuto l’argentino ad accentuare. Ancor più irriverente Icardi a beffare Andujar e noi tutti con un cucchiaio che nessuno, tranne lui, avrebbe mai pensato di poter battere in quel frangente. L’ennesima rimonta subita dopo un vantaggio di due gol, la terza quest’anno dopo quelle contro Palermo e Cagliari. Tutte in casa. Eppure l’immagine già vista non è quella del rigore contro, qualcosa cui non siamo abituati, né tantomeno quella della rimonta subita. In realtà il tifoso del Napoli è da sempre carico di bile al suo interno, tante sono le beffe che i suoi calciatori si sono autoinflitti indossando quella maglia.
Ecco dunque tornare a sprecare il regalo di una Roma terribilmente in crisi, che sembra quasi invitarci a prenderla manco fosse una donna avvenente che ama giocare con un conquistatore inceppato. Nel ruolo del cacciatore il Napoli non si trova a suo agio per il solito strutturale problema della mancanza di nervi saldi nel momento del colpo secco. Quando c’è un solo proiettile nel revolver azzurro, la mira è spesso sbilenca e il risultato negativo. Il pareggio di ieri ha il sapore di una sconfitta perché la Lazio e la Fiorentina possono continuare a importunarci, perché si è perso l’ennesimo treno e, soprattutto, per quell’improvviso calo di tensione che ha rovintato 70 minuti di una squadra aggressiva e diretta, che avrebbe potuto stare comodamente sul 4 a 0.
Ma siamo il Napoli, allegramente irrequieti e costantemente sul filo del rasoio. Non vinceremo mai un trofeo senza sbraitare, senza forti schiamazzi nell’etere del globo. Quella di ieri sera è la foto di una stagione. Una squadra che gioca per ¾ di partita non è grande, purtroppo. Bisogna esserne consapevoli. E prepararsi a due mesi estenuanti, tra birre, botte sui tavoli e sigarette consumate a dismisura. Il classico copione da ‘Vita Spericolata’.