Napule è questo. Per fortuna o purtroppo

Il miracolo di Britos è stato l'unico atto di grazia della serata. Per vincere ce ne vuole ancora...
  • Di Antonio Moschella

    Per vincere occorre segnare. Le lacrime, il sudore e la passione servono fino a un certo punto se poi nel momento della verità vengono a mancare freddezza e concretezza. Ci avevamo sperato tutti quando Britos aveva gonfiato la rete dopo una partita onesta. Avevamo sognato una grandissima serata in onore di Pino, battendo la rivale di sempre. Con la nostra dedizione, con i nostri canti, con il nostro sangue azzurro bollente. Ma anche con i nostri errori di sempre, quell'immaturità e quella mancanza di concretezza nei momenti decisivi. Ci ha pensato Caceres a farci tornare alla realtà. Lui, insieme a Pogba, ci aveva già punito un paio di anni fa, quando le nostre ambizioni erano ancora più grandi e il secondo posto era ‘blindato’.

    Il miracolo del gol del nostro Carneade è stato unico. Almeno da parte nostra. Perché a Pogba la palla è arrivata sul piede giusto dopo un rimpallo. Perché Caceres, inattivo da oltre tre mesi, oltre ad essere leggermente in fuorigioco ha ingarrato una zampata da centravanti, la prima della sua carriera. E anche perché Buffon è Buffon. Se il pallone fosse ‘scappato’ così a Rafael, avrebbero annullato quell’autogol, tra l’altro proprio di Caceres?

    Il Napoli ha avuto più palle gol della Juve. La prima, quella di De Guzman, avrebbe potuto imporre un diverso canovaccio al match. E invece a punire per primi sono stati loro. E non ci hanno dato neanche il tempo di esultare - personalmente ero allegramente intento ad aggiornare un mio amico inglese via whatsapp - che hanno rimesso subito la testa avanti. Higuain si è svegliato tardi con una magia che, visto che avevamo giocato già il jolly con Britos, non si è trasformata in golazo. E Zapata ha pensato bene di lasciarsi andare una volta superato Buffon dopo un regalo dei bianconeri. Questo sempre perché i fantasmi tornano, ghignando e divertendosi a vederci soffrire così.

    Ripartiamo dalle lacrime di Napule’è, che come dice giustamente il buon Gianmario Mariniello, non deve essere l’inno del Napoli, ma racconta in maniera unica e sensibile di cosa sia capace questa città.

    Condividi questo post